martedì 9 dicembre 2014

Il termine di paragone

Credo che in psicologia vengano chiamati meccanismi difensivi tuttavia, se questa non fosse l'esatta definizione scientifica, non mi sentirei in errore perché stabilisce, forse in maniera piuttosto banale ma appropriata ed intuitiva, quello che sono.

Si attivano ogni volta che il cervello percepisce una potenziale condizione dannosa per il benessere di psiche o fisico e ce ne sono di moltissimi tipi.

Possono essere banali o complessi, istintivi o studiati con precisione maniacale, fini o grossolani, standard o personalizzati.

Io ne sono affascinata.

Il meccanismo difensivo a cui la ZiaSanta fa ricorso più di frequente potrebbe essere definito elogio del macabro o delle altrui sfighe ed è un'evoluzione, manco troppo raffinata, del vecchio e comune adagio mal comune mezzo gaudio.

In pratica si fonda sul presupposto secondo il quale parlare delle disgrazie occorse ad altri quando tu stessa ne sei stata colpita aiuta a sentirsi meno soli, più forti, coraggiosi e in grado di superare l'ostacolo, di qualsiasi natura esso sia.

Ho assimilato per osmosi questa tecnica. Funziona. 

O meglio, funziona nella stragrande maggioranza dei casi a patto che il termine di paragone sia assolutamente congruo. 

Ed è proprio questo il punto. La falla. La buca dove l'asino incaglia lo zoccolo e casca. 

Se commetti il comune errore di sbagliare termine di paragone il risultato è pessimo, peggiori le cose moltiplichi rabbia, depressione, misantropia, istinti omicidi-suicidi. Crei un mostro.

Proprio lei, la mia mentore, la ZiaSanta ha di recente mandato all'aria le sue buone intenzioni quando ha tirato fuori la Betty.

Lei è una delle sbeffeggianti immacolate concezioni con cui io, da infertile, mi sono dovuta rapportare nell'ultimo anno.

Non voleva diventare madre, ha pensato all'aborto poi ha accettato la cosa. Giubilo e felicità. Foto di culle, fiocchi, panze, passeggini. Toto nomi. Tutto il pacchetto, insomma.

Ha avuto una gravidanza serena fino all'ottavo mese poi poco liquido amniotico, pupo podalico, placenta invecchiata, letto, punture, cesario programmato.  

Poverina, sta soffrendo. Vedi cara? Nessuno ha la via spianata. 

Inspirare, espirare. Contare fino a dieci, famo venti, anzi cinquanta. 

A me dispiace per lei, sul serio eh. Mica lo dico per purificarmi la coscienza, ormai quella è zozza e zozza resta. Però, 'orcocazzo, le due situazioni, mia e sua, non sono in alcun modo paragonabili. Sono due diversi dolori, diverse ansie, diverse reazioni. 

Diverse vite.

L'infertilità è una cosa a parte. Solo un'infertile capisce un'infertile. Nessuno dovrebbe tentare di consolarci spiattellandoci storie di appanzate per divina concessione. Indipendentemente da come finiscono.

Siamo fragili, cazzo. Maneggiateci con cura e, prima di parlare, pensateci. Bene. 

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