domenica 21 dicembre 2014

Reciprocità

C'è il solito odore di disinfettante, le pareti pastello, il linoleum. Ci sono le porte scorrevoli e gli A4 affissi a mo di avviso sulle vetrate. Ascensori stretti e lenti, luci al neon.

Gli ospedali sono tutti uguali. Uguale è il dolore che trasuda in certi reparti. Quelli silenziosi, pieni d'occhi spauriti, di carrozzine e stampelle, di flebo, ciabatte, bottiglie d'acqua su comodini bianchi.

Ho compreso tardi il valore della visita. Ignoravo l'effetto benefico di quel tipo di conforto, soprattutto ignoravo la sua reciprocità.

Ho smesso di considerare la malattia come un ostacolo alla vita. Ne fa parte.

Ho pure smesso di bloccare le emozioni sulla soglia della mia espressività. Le lascio andare, lascio che traspaiano da piccoli gesti o grandi abbracci, da sorrisi o lacrime.

Mostrarsi fragili vuol dire, dopotutto, essere grandi, coraggiosi, maturi.

Ti ho abbracciata stretta, zia. E adesso mi sento un po' più forte pure io.

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