domenica 11 gennaio 2015

Self respect

Quando cerchi una gravidanza per anni e ti sbatti tra stick ovulatori, calcoli astronomici, invasioni barbare della tua intimità e del tuo intimo, prelievi di sangue, prelievi di sperma, prelievi bancari, prelievi di serenità capita che sviluppi un certo sesto senso per quelle fortunelle spesso incappate per caso nella doppia striscia, che ansimano zompettando nella tua direzione, smaniose di venire a dire a te, proprio a te, la grande notizia.

Sono incinte.

Tu lo sapevi, prima ancora che aprissero bocca.

Se, per esempio, una tua vecchia amica universitaria ti contatta dopo mesi, smaniosa di organizzare una pizzata in onore dei vecchi tempi e ti prega di esserci perché non tornerà a Roma prima del 2016 tu capisci.

E' da lì che parte la tua sofferenza. O rosicata, chiamatela un po' come ve pare. I perbenismi lasciamoli ai finti cattolici.

Poi ti ravvedi, ti dai della paranoica.

Dura poco.

Generalmente fino a quando ricevi sul tuo smartphone la foto di lei in posa su sfondo marittimo con la panza al vento, in bella vista. Una panza, tra l'altro, già in avanzato sviluppo procreativo.

E siccome esser la sfigata con 38 di febbre che batte i denti in pigiama antistupro e mocciolo al naso davanti al camino non basta, decidi pure di farti tornare in mente proprio quell'ultima conversazione in cui lei, candida, diceva che no, per i figli non era proprio pronta, giammai, fuori da questo corpo.

Fai due conti. Era sei mesi fa. Lei è incinta di cinque.

Ti senti un tantinello presa per il chicchero. 

Decidi che alla cena non ci andrai. Perché fa male. Perché puoi evitarlo. Perché non faccio cose che non mi va di fare è l'unico buon proposito da rispettare per quest'anno e non hai nessuna intenzione di continuare a tradire te stessa.



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