mercoledì 11 febbraio 2015

Primavere

Ci si abitua talmente al vento gelido che al mattino ti affetta la faccia, alle labbra screpolate, alle estremità insensibili da ritrovarsi stupiti quando, a conclusione di una giornata sì incappottata ma limpida e mite, si prova quasi sollievo al contatto col sedile fresco d'un bus.

A Roma ieri sembrava primavera.

E questa stagione pazza, umorale, instabile, burlona, questa stagione che regala meravigliosi colori e gelate mattutine, temperature pre-estive e piogge incessanti mi rappresenta meglio di come saprei farlo io stessa, descrivendomi qui e rincorrendo i miei umori ballerini tutto il giorno, tutti i giorni.

Quando mi sento iperattiva, come oggi, sfrutto ogni centimetro della mia corteccia cerebrale. La stresso perché produca piccoli grandi capolavori d'ingegno e precisione. Faccio incetta di voci spuntate su lunghissime e pretenziose to do list al fine di immagazzinare risultati soddisfacenti, che bastino pure per i giorni di magra, quelli in cui ti alzi che pari un orrendo fagotto informe e non ti va manco di farti il caffè.

Che io, poi, quest'instabilità non la capisco. Vorrei combatterla, ma non ho armi.

Perché pensare di tenere sempre l'acceleratore della vita a manetta è entusiasmante ma pure parecchio superbo.

Sarebbe bello, tuttavia, sentirsi sempre così. Come se ogni secondo fosse prezioso, non andasse sprecato ma sfruttato, così vissuto da apparici liso una volta passato.

Come se, insomma, di vita ne avessimo solo una.


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