martedì 24 febbraio 2015

Sotto pressione

Io non so cosa sia successo di preciso al mio corpo nei giorni che hanno preceduto quest'ultimo ciclo ma ieri sera sembravo Patty Pravo.
No, non questa Patty Pravo:

ma questa:




Insomma, oltre a somigliare all'uomo gatto senza aver fatto alcun ricorso a lifting e botulino, avevo anche le mani modello canotto da rafting con l'anulare strizzato a mo di salsicciotto nella fede nuziale.

Mina, allarmata dalla possibilità che io iniziassi a volare senza l'aiuto dei palloncini della casetta di Up, mi ha attaccato al polso uno di quei cosi elettronici che misurano la pressione arteriosa.

La minima è alta, ha sentenziato.

Io, che ho il sangue freddo, ho iniziato a iperventilare, peccato non ci fosse nessun sacchetto di carta, così magari avrei capito l'utilità di respirarci affannosamente dentro e mi sarei sentita una cifra ammerigana.

Qualche mezz'ora dopo l'allarme è rientrato e oggi ho inaugurato la mia seconda settimana di lavoro scevra da condizionamenti ipocondriaci, segno che qualcosa è effettivamente cambiato e che l'analisi è stata una buona idea, forse l'unica buona idea in tre anni di onorata carriera depressiva.

Il fatto che io mi stia approcciando a questo nuovo lavoro e, in generale, a questo nuovo capitolo della mia vita in maniera più zen, fatalista, rilassata ma anche più ottimista, consapevole, determinata mi rende fiera di aver percorso una strada tortuosa, ripida, sdrucciolevole. E mi rende pure fiera delle mie battute d'arresto.

Nemmeno le ho contate le volte che sono finita col culo per terra ma ogni livido è servito. Ogni goccia di sangue, ogni ferita, ogni lacrima.

Nella merda c'ho coltivato i fiori. E, per questo, la pacca sulla spalla me la do da me.

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