martedì 3 marzo 2015

Meccanismi evolutivi della specie infertile

Di solito si arriva ad affrontare un percorso emotivamente e fisicamente complesso come la PMA sufficientemente corazzate. Siamo abituate a sopportare, forse persino a tollerare, quel sottile velo di disapprovazione che cala sugli occhi di chi, senza sapere, si arroga il diritto di sparare sentenze, di chi ti bolla come una che viola le sacre leggi di mater nautra facendo ricorso all’aiuto della medicina per avere un figlio senza considerare che, seguendo lo stesso filo logico, non dovremmo manco volare su un aereo, visto che la natura non è la Redbull e non c’ha messo le ali.

C’è ancora qualcosa però che riesce a trafiggerti, oltrepassando elmi, scudi e maglie di mithril. Accade quando quello stesso velo di disapprovazione cala su occhi famigliari. Come quelli di tua sorella.

Ieri sera, colta da improvvisa consapevolezza mistica, prima di spegnere il piccì sono andata a spulciare quei vecchi forum che da tempo, con l’intenzione manifesta di controllare la mia ipocondria, non frequentavo.

Se io sono cambiata Google no. E alla voce laparoscopia per endometriosi erano associati racconti terrificanti di dolori, degenze infinite, ovaie rimosse. Strano non ci fosse qualche caduto.

Ho avuto paura. Ho cercato conforto.

Non l’ho trovato. Non da tutti, almeno.

Che ti aspettavi, io te l’avevo detto che non sarebbe stata una passeggiata. E’ un intervento vero e proprio. Sarei più felice se adottassi.

Piombare nel baratro della solitudine e delle giustificazioni che non sarei costretta a dare, trattandosi della mia vita, è stata l’opzione che, inconsciamente, ho deciso di scegliere. Ma solo all’inizio. Poi quell’io che ho faticosamente costruito è venuto fuori. E da piccolo, innocuo, timido s’è fatto immenso, forte, sfacciato.

Questa mattina è stato ulteriormente nutrito da un messaggio: non fermarti.


Siamo quello che decidiamo. Possiamo scegliere di non farci condizionare. Io ho deciso di prendermi solo il meglio dalle persone che ho intorno. Qualcuno lo chiama opportunismo, io preferisco considerarla una forma di evoluzione, un meccanismo di sopravvivenza.

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