mercoledì 10 giugno 2015

Il brivido della futilità

Adeguare i propri spostamenti ai sempre più frequenti scioperi dell'Atac significa, il più delle volte, arrivare sul luogo di lavoro con largo anticipo.

In queste occasioni lavorare in centro significa, nel migliore dei casi, alimentare la nutrita lista di cose di cui non abbiamo bisogno ma che vogliamo disperatamente a partire dal momento esatto in cui le adocchiamo in vetrina, nel peggiore dei casi spendere soldi che dovrebbero essere devoluti alla soddisfazione dei propri bisogni primari tipo mangiare, bere, pagare la bolletta elettrica, fare lo smalto semipermanente.

Questa mattina, per esempio, avevo adocchiato un paio di jeans skinny a pois da Ovs, ultima taglia 42. Imploranti e quasi a penzoloni sulla gruccia, richiedevano le mie attenzioni. Li ho provati ma non ho ceduto. Che la mia scelta sia stata dettata dall'improvviso crollo di autostima che mi fa vedere grassa e col culo e i fianchi di Kim Kardashian o dal mantra non ne hai bisogno, non ne hai bisogno, non ne hai bisogno che, pare, aumenti la mia dose di autocontrollo, poco importa. Sono una donna che ha rinunciato ad un acquisto. Sono un'eroina.

Per compensare la rinuncia ho comprato dal solito magrebino appostato a Piazza dei Cinquecento un rimmel L'Oreal introvabile, probabilmente perché fuori commercio da qualche secolo, nelle profumerie. Utile, visto che quello che uso attualmente sta finendo, ma, proprio per questo, poco soddisfacente.

Una riconferma dell'essenziale ruolo che il superfluo occupa nelle nostre vite.

Perchè sì, è molto bello essere padroni dei propri impulsi ma mai quanto cedere ad una tentazione provando il brivido della concessione a se stessi di un piacere futile.

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