martedì 21 luglio 2015

Il rosso e il nero

Non è che me la faccio prendere bene quando vedo la prima macchia rossa su mutanda intonsa. No. Non ho ancora raggiunto quell'invidiabile livello di sticazzismo che mi consentirebbe di andare avanti con la mia vita come se nulla fosse, come se non fossero quasi tre fottuti anni che sto provando ad avere un minimo, timidissimo ritardo.

No. Non me la faccio prendere bene. Me la faccio prendere a cazzo ma faccio in modo che depressione, rabbia, invidia, teorie cospirazioniste non mi convincano a lanciarmi sotto la prima metro che passa. Dopo 16 minuti di attesa e svariati santi scomodati inutilmente.

Che vojodì già il calo di ormoni ti trasforma in una gallina dislessica con le occhiaie e le piume impregnate d'olio, non si può mica pretendere che faccia i salti i gioia. O che non desideri la morte di tutti quelli che me l'hanno tirata. Perché ci sono, lo so. Esistono.

Stamattina avevo così voglia di fare outing che mi sfogata con collega Enne a cui avevo deciso di non rivolgere più la parola dopo che m'ha lasciata sola con un mare di lavoro. Avevo bisogno che qualcuno mi dicesse qualcosa di intelligente e confidavo nella sua sensibilità. Non sono rimasta delusa. Non sa lavorare ma psicanalizza che manco Sciattaman. E sono convinta porti bene. Dunno why.

Il mio vestito nero largo sul culo et qvindi ideale per occultare il Lines notte ombelico - osso sacro ha suscitato, ironia della sorte, l'attenzione di tutti. La Ele ha chiamato la Ma' che ha chiamato la . Un summit sulla mia eleganza. Enne, più terra terra, mi ha fato notare che entrambe eravamo vestite di nero. Speriamo non sia un cattivo presagio, ha detto. Collega C., il gigante siculo ombroso e cupo a tratti simpatico, mi ha chiesto se fossi in lutto. Un mezza specie, ho risposto.

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