lunedì 20 luglio 2015

La grazia o il tedio a morte di vivere in provincia

C'era quel piccolo negozio di cianfrusaglie, si chiamava L'Agrodolce e si trovava in una delle vie dello shopping della cittadina sede del Liceo Scientifico che io e le mie amiche frequentavamo. Dentro potevi trovarci di tutto. Dai biglietti di auguri ai cazzi di gomma. Spesso accompagnavamo qualche regalo di compleanno (una maglietta dell' Onyx, una felpa della Pickwick) con qualcosa di divertente e canzonatorio preso lì dentro.

C'era l'Alberone, una grande panoramica su Roma. Nelle sere d'inverno già all'ora di cena lo spettacolo di luci non aveva nulla da invidiare a quello delle grandi metropoli. Dietro il belvedere c'era un piccolo parco. Al riparo dagli sguardi, protetta da alberi e cespugli, diedi proprio lì il primo bacio alla francese a T., il secondo primo amore della mia vita. Come tutti i secondi primi amori non aveva nulla di magico, romantico, poetico. Somigliava a Pippo Inzaghi e ritenni questa fosse una condizione sufficiente per essere la sua ragazza. Durò due mesi.

Il piccolo bar vicino al duomo faceva pessimi caffè e bomboloni di gomma ma aveva il pregio di essere lontano da scuola, non frequentato da genitori e professori. Aveva una saletta interna buia, fumosa. C'era un biliardo. Una volta passammo lì dentro cinque ore.

Al bar Cesare, invece, riservavamo le occasioni speciali. Come quel San Valentino con l'amica C.. Eravamo appena state mollate ma avevamo deciso, per esorcizzare la singletudine di festeggiare ugualmente la ricorrenza. Riuscimmo a suscitare la misericordia d'un cameriere che ci regalò due palloncini rossi a forma di cuore.

Il mercato del mercoledì si apriva su un grande piazzale, solitamente adibito a parcheggio, tra l'ospedale e Largo Saragat, dove si trovava la nostra scuola. Ci comprai un costume azzurro a fiori rosa e gialli. Un bikini stirminzito che usai poi, a Rimini, durante la nostra vacanza post maturità.

Quando abbiamo iniziato l'univeristà il fascino e la maestosità di Roma insieme ai centri commerciali sempre più grandi e sempre meno a misura d'uomo hanno inghiottito la nostra passione per quel piccolo centro di provincia, tagliando i legami che ci tenevano ancorati ad esso.

Ci capito sempre meno spesso. E la maggior aprte delle volte solo per commissioni veloci o per qualche visita all'ospedale.

Tutti i luoghi della mia adolescenza si sono trasformati, alcuni sono spariti.

L'altro giorno, però, mi sono fermata cinque minuti ad osservare le luci dal belvedere. Quelle non sono cambiate. Io sì. Tutto sommato non mi dispiaceva poi così tanto essere una provinciale.


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