lunedì 31 agosto 2015

La prova e il mantra

Quando cerchi un figlio che ha perso la via del tuo utero impari, per spiriro di sopravvivenza, a riconoscere la potenzialità imbarazzante di certi appuntamenti fissi cui devi presenziare.
Pranzi di famglia, amici che non vedi da tempo, neoappanzate che muoiono dalla voglia di infierire sul tuo ventre piatto con frasi inopportune, cermonie.

Battesimi e matrimoni godono, per loro stessa natura, dell'ex aequo sul podio.

Dopo tre anni riesci a mantenere un invidiabile aplomb inglese mentre le budella ti si aggrovigliano. Il lacrimotto che allo stato embrionale ti ingolfa la gola non riesce più a far vibrare le corde vocali rendendo la voce instabile e traballante.

Il sollievo d'aver schivato un altro colpo basso svanisce quando qualche idiota più caparbio di altri insiste sullo stesso argomento, approfittando d'una falla nel tuo comportamento, d'un tono sbagliato, d'uno sguardo assente. Così quella frase bannata dalle infertili di buona speranza inizia il suo inarrestabile tichettìo, pronta ad esplodere col suo immenso potenziale distruttivo, letale.

Non posso avere figli.

Ho resisitito, ancora. Anzi, ho fatto di meglio. Ho affrontato un grande, piccolo, meraviglioso e terribile nemico. Quella terza figlia dell'amico A. che credevo spettasse a me, di diritto. Porta il nome d'una principessa e mi adora. Lei che sono infertile non lo sa, che darei qualsiasi cosa per essere madre non lo sa, che è stata una prova non lo sa. S'è limitata a sorridere beandosi delle mie attenzioni.

L'energia che questo nuovo lavoro mi ha restuito si sta affievolendo e questa mattina quell'orribile senso di vuoto è tornato a riprendersi buona parte della me che stimo, adoro, compiaccio.

Mi sento sola. E faccio fatica.

L'ennesima ripartenza settembrina mi spaventa. Un po' come il nuovo anno. Non voglio avere aspettative ma non posso fare a meno di pensare al prossimo appuntamento in clinica, al percorso che un po' bramo un po' scaccio e che mi attende lì, alla fine d'un viaggio introspettivo durissimo che mi ha reso più forte ma anche più consapevole, più matura ma anche più insofferente.

Più egoista. Più me.

Con qualsiasi mezzo, basta che funzioni è il motto che ho eletto a mia rappresentanza all'inizio di quest'anno. Me lo ripeto a mo di mantra, non posso farmi sfuggire proprio adesso quello che, così faticosamente, sono diventata. Non posso rimandare un sorriso a domani, non posso rinunciare ad essere felice.  

Nessun commento:

Posta un commento