lunedì 7 dicembre 2015

Regressioni

Le mie altalene emozionali subiscono diversi tipi di forze, endogene ed esogene. Gli ormoni, in primis. La PMS è la principale responsabile dei mali che trafiggono la mia anima. Poi c'è il meteo. Il grigiore dei lunghi inverni, la pioggia, il freddo e i venti svegliano demoni assopiti. Infine c'è il lunedì che ha lo stesso, o quasi, potenziale distruttivo del premestruo. Reggere il carico di questa negatività è spesso impresa impossibile e se durante gli altri giorni cerco di mantenere un apparente, precario equilibrio barcamenandomi tra impegni, pensieri, regole e omissioni e galleggiando alla meno peggio sull'immenso mare di merda che è attualmente la base della mia esistenza, il lunedì no. Il lunedì non ce la faccio.

Certe volte mantenere la presa fa più male che lasciarsi andare. Invano tento di risollevare il mio umore da terra, invano provo a scacciare domande senza risposta che generano ansie, incertezze, frustrazioni.

La diretta conseguenza è un clima teso, un'atmosfera irrespirabile e un tracollo violento e improvviso di quello status così faticosamente raggiunto a forza di sacrifici, rospi ingoiati, siringoni d'ottimismo e gioia di vivere.

Il fatto è che sono sola. E per la prima volta in vita mia sento il peso di questa condizione tutta sulle mie spalle. Sul petto, anzi. Subito sotto lo sterno dove nascono i respiri, dove si piazzano i magoni, dove, a ben vedere, ha origine la sofferenza.

Di lunedì torno a chiedermi se ce la faremo mai. Se riusciremo mai ad essere felici come, in fondo, meritiamo entrambi, nonostante le reciproche mancanze, i dissapori, nonostante l'amaro retrogusto di un incubo che non sembra voler finire.

Non riesco più a sorridere, non sorrido da più di un mese. Quei sintomi fisici, figli della depressione, che avevo orgogliosamente e faticosamente debellato stanno tornando, uno a uno. Il cuore manca qualche battito oppure esagera, quasi come a vibrare. I crampi mi attanagliano, spasmi notturni ai piedi. Lo stomaco si chiude, brucia e si contorce. I mal di testa annebbiano la vista e confondono i pensieri.

Sono poco lucida. Non mi piaccio, non ne vado fiera ma non ho quasi più armi. Ne sono uscita una volta, non so come farò adesso, non so cosa ne sarà di me. Non posso combattere ancora, da sola. Eppure, in qualche modo, devo. Eppure questa condizione, in qualche modo, dovrà finire. Vorrei che anche lui raggiungesse questa consapevolezza, vorrei lottasse per noi, per la famiglia che abbiamo sempre desiderato, per il come potrebbe essere, per il nostro potenziale d'amore per ora sprecato, agonizzante, quasi esanime, in quello stesso mare di merda dove, non senza difficoltà, galleggio io.

Nessun commento:

Posta un commento