giovedì 25 febbraio 2016

E la luna bussò

Sono figlia unica di genitori atipici. Sono abituata a stare sola. Soprattutto, sono abituata a cavarmela da sola.

Chiedo raramente aiuto, raramente mi fido. Non è orgoglio ne superbia. É imbarazzo o, se la volete fare facile, mancanza di abitudine.

Ho demolito e ricostruito da sola la mia identità. Ho lottato contro i miei demoni, accettato le mie diversità.

Ho imparato a bastarmi e l'ho fatto così bene da essere diventata gelosa del mio tempo, così intimo e sacro.

Sono sempre stata sola ma non ho mai sofferto di solitudine. Fino a martedì sera. Con la PMS, un letto vuoto e nessuno da chiamare.

Poi l'ho vista. Tonda, luminosa e sola, come me. S'è ritagliata uno spazio tra le pieghe della tenda bianca della camera da letto.

Ci siamo fatte compagnia.

Così mi sono ricordata che siamo tutti soli e che proprio per questo, in fondo, non lo siamo mai.

sabato 20 febbraio 2016

Dire, fare, stancare

La doverosa premessa é che scrivere un post dal pollice e mezzo di uno Smartphone il cui appellativo é solo una pretesa, seduta a gambe incrociate su una sedia di metallo, imprigionata in un non luogo antropologico dopo essere passata per bus, metro B, Leonardo Express, aeroporto e altra stazione é difficile. Assai.

Vogliate quindi perdonare le imprecazioni sospirate e l'eccesso di toni polemici.

Sono a Bari. Bér per i pugliesi. Ma la terra dei taralli, dei trulli e della pizzicarella non é la mia destinazione finale. Sto aspettando un fantomatico treno che dovrebbe portarmi nella città dei sassi, dove l'USI alloggia stabilmente da due settimane.

Non vi parlerò della sveglia all'alba, ne dell'espressione contrariata di quell'hostess bellissima, algidissima e acidissima quando ha visto la mole del mio bagaglio a mano perché, in fondo, é capitato a tutte di farsi il bidet col bicarbonato almeno una volta nella vita.

Potrei dirvi del lavoro degli ultimi giorni. Stimolante, coinvolgente e tanto. Tanto. Tanto. Oppure del corso di formazione professionale su malattie rare e media, magari rivolto a un giornalismo mini settoriale e poco adatto a una malata immaginaria, ma interessantissimo.

Forse questa sarebbe una buona occasione per confessarvi il primo sgarro alla dieta, durante un buffet luculliano come lu demogno tentatore. Se rinuncio alla Nutella non posso pure privarmi dei tramezzini. Sono una donna non sono una santa.

Dovrei, magari, recensirvi la Shapewear che nasconde i difetti, comprime la ciccia e gli organi interni, garantisce, sempre a patto che non respiriate, una perfetta postura. O, meglio, gioire con voi per l'acquisto a prezzo stracciato di un paio di pantaloni presi dal List di via Frattina.

Ma sono stanca. Così stanca che ieri pensavo fosse oggi e mi sono svegliata di soprassalto, fissando la sveglia che segnava le 7, col panico di chi sa che potrà perdere un aereo. Ho così rinunciato a depilazione, shampoo e manicure e in procinto di elemosinare un passaggio, quando finalmente mi sono riconnessa al flusso spazio-temporale ed ho realizzato che era solo venerdì, mi sono messa a ridere. Da sola.

Poi sono tornata a dormire perché ve l'ho detto, sono stanca.

martedì 16 febbraio 2016

Sotto il vestito, la Shapewear

Non ne conosco il motivo ed ho eroicamente resistito alla tentazione di interpellare Dr. Google ma da quando sono diventata la pia donna devota all'ascetismo alimentare pago molto di più, in termini di malessere fisico, qualsiasi sgarro alla dieta.

Per esempio due sere fa avevo proteine per cena. Ho scelto il crudo sgrassato sostituendo al pane integrale una piadina. E alla mela un quadratino di cioccolato fondente. Ero convinta che l'ora di sport mi avesse concesso l'immunità. Carlo Cracco non può fottermi!

Alle 4 e 25 mi sono svegliata in preda ad incubi la prima serie di Fargo in loop non si digerisce facilmente, sapete, sudorazione e autocombustione.

Per domare le fiamme che avviluppavano il mio stomaco, l'esofago, la gola, le viscere non ho potuto far altro che arrendermi ed abbracciare la tazza. In ginocchio. Con lo scaldino a palla dritto sulla faccia. Perché io valgo.

Il giorno dopo in acensore la Ma' mi ha consigliato il cioccolato senza zucchero, burro, cacao. Volevo risponderle magnatelo te ma temevo ripercussioni, così ho sorriso e mentendo sapendo di mentire ho solo annuito e detto sicuramente lo proverò, sicuramente.

Negli ultimi 9 giorni ho perso 4 etti. Mamma Mina mi ha incoraggiato ad essere fiera del risultato. Ma da tre dicotre! domeniche senza fettuccine e pastarelle io mi aspettavo qualcosina in più. Niente di impegnativo, dopotutto, solo svegliarmi Valeria Mazza. Però bruna. Che ci tengo al mio colore di capelli.

Siccome le fissazioni sono peggio delle malattie ho iniziato a valutare l'acquisto di una Shapewear. Pare una cosa fighissima in realtà è la rivisitazione duepuntozero della vecchia cara pancera. Quello stesso terribile indumento intimo che le vostre madri esibivano con orgoglio e senza pudore nei meravigliosi '80 e che ha concesso loro di mascherare slabbramenti post gravidici e grandi abbuffate domenicali post boom economico.

Ecco la prescelta:

Rigorosamente color carne perché se una cosa fa cagare, fa cagare. Inutile cercare di renderla socialmente accettabile colorandola di nero.

Ho scritto alle Sisters chiedendo se a loro parere necessiti dell'arnese che, per esempio, potrebbe aiutarmi a vivere, anzichè cercare di non respirare, quando indosso un tubino.

Tu necessiti di un analista, bravo. Hanno risposto.

venerdì 12 febbraio 2016

Cancelletto più sei effe

Ieri collega Enne mi ha fatto gentilmente notare che il mio incarnato, già tendente al bianco purissimo tipo cancelletto sfilza di effe, per dirla alla nerd, era ancora più bianco. In pratica lo spot vivente della Dash. E meno male che non mi hanno invitata a SanRemo che la Meloni già stava pronta con gli hashtag #mammarai #ancorapubblicitàocculta. Sarebbe stato imbarazzante.

In ogni caso anziché fornirle la risposta standard è perchè so nobile ho semplicemente e spontaneamente detto è perché non magno. Dura verità, adorati sudditi.

Prendiamo ad esempio la giornata di ieri. Caffè con Dietor e aspartame, Buondì al cioccolato (boni, state boni. La colazione è l'unico momento dolce della giornata gentilmente concessomi da Sboccaccio), zucchine lesse, mezza Philadelphia light, quattro barra cinque fette di cotto sgrassato e una fetta e mezzo di pane integrale. E basta. Cioè, nient'altro. Capite? Niente.

Il vero dramma, però, è che allo sprint iniziale, durante il quale ho perso quasi due kg in poco più di due settimane, s'è sostituito il classico stallo. Da una settimana combatto con la disillussione che mi coglie ogni volta che salgo sulla bilancia, spero che la seconda cifra dopo il 5 sia cambiata e mi deprimo constatando che quella manciata di etti che mi separano dall'obiettivo sono ancora tutti lì, mi fissano beffardi come a dire noi qui non ce ne andiamo, stiamo così bene sulle tue chiappe.
 
Ma non mi arrendo. Io no, io giammai. Pannella è il mio pastore, paura io non ho. Sono disposta a barattare il fisico di Kate Moss solo con con una panza doppiaicselle. Abitata, ovvio.

mercoledì 10 febbraio 2016

Walter White fa dimagrire

Ieri ero spenta. Così spenta che Collega Enne ha avuto la premura di mandarmi un messaggio dopo il lavoro per sincerarsi delle mie condizioni psicofisiche.

Sto bene - ho risposto - sono solo molto stanca e molto sola.

Che non è star bene, a pensarci.

Sì perché l'USI è partito. Ad accoglierlo per un mese e mezzo sarà stavolta una regione dimenticata, con due nomi e una reputazione solo recentemente balzata agli onori della cronaca: la Basilicata o Lucania, as you wish. E come sovente accade con le sue trasferte la difficoltà non è solo visiva, la distanza non è solo fisica perché anche una conversazione telefonica può spesso rivelarsi difficoltosa, ballerina. Persino, nel peggiore dei casi, solo potenziale.

Ieri, per esempio, è riuscito a chiamarmi solo intorno alle 23 e 30. Inutile dire che con la sveglia impostata all'ora del gallo, la vibrazione del Nokia ha interrotto il mio sonno, iniziato più di un'ora prima. Cosa abbia farfugliato con lo smartphone attaccato all'orecchio e il cervello sconnesso manco me lo ricordo. Solo poco fa siamo riusciti a raggiungere un accordo sul come e quando io debba scendere per andare a trovarlo.

Non piagnucolo per questo, non l'ho fatto mai, non inzio ora. Dopotutto un letto a due piazze con un solo cuscino ha i suoi indiscutibili vantaggi e il quattro de spade assicura, tra le altre cose, anche una completa copertura della superficie epidermica, evitandomi in sostanza di dormire col culo scoperto.

Ma a livello incoscio soffro, sudditi.

Ne è dimostrazione lampante la mia insolita iperattività onirica, responsabile di terribili incubi.

Per esempio ieri notte sono stata rapita dal Walter White di Breaking Bad che m'ha torturato senza apparente motivo con frustate sui polpacci. Voglio dire, sui polpacci. Quale significato recondito celano i polpacci?

Come se non bastasse mi sono svegliata tre volte, col terrore che la sveglia non avesse suonato. L'ultima ora più che di sonno è stata di passione.

Forse, però, è solo la carenza di zuccheri che manda in pappa i neuroni del turno di notte. In ogni caso il meno due sulla bilancia è un buon compromesso. E quindi gnente, mesa che me tengo quel sadico de Walter White.  

martedì 9 febbraio 2016

Tutto quello che so sull'amore

Dell'amore so molto.

Ne conosco la forma. E' una sfera perfetta che scivola sulle superfici, ruota intorno alle cose, mette in moto ingranaggi e stimola energie.

Ne intuisco il colore che muta col vento. Rosso passione, rosa confetto, verde speranza o blu notte.

Conosco la forza della sua determinazione. E del coraggio. E il suo lato oscuro, intimo e perverso. L'amore malato che sfrutta se stesso per riempire le voragini dell'anima sola. L'amore ossessivo che erge l'amato a oggetto di culto, cieco come la fede. L'amore simbiotico e dipendente, quello gioioso e puro. L'amore superficiale e bambino, quello immaturo.

Dell'amore indovino le gesta. Eroiche e pazze. Irrazionali, programmate, irragionevoli.

Ne scorgo la postura sinuosa, i sorrisi e le mani. I balletti, i giochi, gli equilbri.

Dell'amore so poco.

Mi sfugge la logica che non dovrebbe apparire. La spontaneità mancata, l'abitudine grigia, le parole forzate.

Non so dell'inizio, del mistero della scintilla, del processo dell'attrazione, della chimica.

Non conosco la differenza tra fare del bene in suo nome e farsi del bene grazie al suo nome.

Soprattutto, dell'amore mi manca il motivo.

Ed è per questo che, forse, dell'amore, in realtà, non so nulla.

Che sia l'amore tutto ciò che esiste
E' ciò che noi sappiamo dell'amore
E può bastar eche il suo peso sia
Uguale al solco che lascia nel cuore

 Emily Dickinson

lunedì 8 febbraio 2016

Murphy e l'ibrido che non t'aspetti

Ieri intorno a mezzanotte mi ha whatsappato l'amico G., in procinto di partire per le terre calabre. Aveva bisogno di qualcuno che gli riportasse a casa la macchina dalla stazione. Io, che non sono mai stata un'amante della guida e che dopo l'incidente guardo con sdegno misto a timore reverenziale le quattro ruote, ho appena avuto il tempo di formulare quelle quattro o cinque improponibili scuse che mi sarebbero valse la cancellazione dalle sue amicizie Fb, solo per cominciare. Poi ho detto okkei, se proprio non trovi nessun altro.

La stazione era in realtà piazzale Aldo Moro, davanti l'università. Così mentre lui con due borsoni al seguito raggiungeva due studentesse imberbi io mi avventuravo su un 492 semivuoto, unico modo da quella posizione per raggiungere il lavoro in tempo.

La Yaris di G. è ibrida e lui m'ha lasciato con la promessa di aver disattivato un qual certo bottone che fa scattare un qual certo allarme quando il gas sta per finire e di aver impostato l'opzione solo benzina.

A turno finito dopo aver percorso a ritroso il lunghissimo tratto di strada, stavolta sul 71, mi sono messa al volante, giusto un po' timorosa e scettica riguardo la reale necessità di dimostrarmi così disponibile.

Tentata dalla scatola di latta delle liquirizie Rossano e ringalluzzita all'idea che quella micragnosa dose di zucchero avrebbe potuto aiutarmi nella titanica impresa ho aperto la confezione. E dentro c'ho trovato un Durex.

Come inizio niente male, mi son detta.

Il tempo di congratularmi con me stessa per aver agevolmente ritrovato la strada di casa che quell'infernale allarme, guarda un po', s'è messo a strillare.

tintintintintintin tiiiiin tintintintintintin tiiiiin

pronto G!? Guarda che qua 'sto coso strilla

tintintintintintin tiiiiin tintintintintintin tiiiiin

Mi sono dimenticato di disattivarlo, devi spingere tu il bottone

tintintintintintin tiiiiin tintintintintintin tiiiiin

Dove, come, quando? Perché ti ho detto sì?

tintintintintintin tiiiiin tintintintintintin tiiiiin

Tranquilla, sta sotto pftu pftu pftu lecce

tintintintintintin tiiiiin tintintintintintin tiiiiin

Cosa diavolo dici? 

tintintintintintin tiiiiin 
tintintintintintin tiiiiin

lecce, lecce! pftu pftu pftu

tintintintintintin tiiiiin tintintintintintin tiiiiin

La legge di Murphy. Tutto quel che può succedere accadrà.

La linea è caduta ed io ho iniziato a chiedermi quale sorta di bottone potesse mai trovarsi sotto Lecce e se fosse proprio quello il momento indicato perché quell'idiota di G. si mettesse a farmi gli indovinelli.

Poco prima del casello, coi timpani in sciopero bianco, l'illuminazione.

Frecce! Frecce! Sta sotto la leva delle frecce!

Ma se Murphy è così famoso ci dev'essere un motivo.

Presa dall'entusiasmo per aver scongiurato la crisi e in preda alla forza dell'abitudine ho preso la corsia per i Telepass, aggeggio di cui G. non è fornito.

Mi dispiace - ho urlato al citofono dell'aiuto - ho sbagliato corsia, non ho il Telepass.

Qualche secondo di attesa, un gracchio indefinito in sottofondo e la barra s'è aperta.

La tizia all'uscita somigliava a Moira Orfei.

E come facciamo adesso? Ha chiesto, placida

E io che ne so?

Ma le hanno dato l'ok al transito?

Mi hanno aperto la barra, se è questo che intende

Sì ma le hanno detto o no "ok al transito"?

Le esatte parole intende?

Sì!

No, cioè. Boh, io non ho sentito.

Pausa. Pausa. Pausa.

Allora deve andare al punto blu e si fa addebitare il pedaggio sul suo Telepass

Signora, questa non è la mia macchina e io non ho modo di passare al punto blu, ne adesso ne nei giorni a venire.

Pausa. Pausa. Pausa. Fila. Fila. Fila. Imbarazzo.

Va' beh, facciamo così. E' entrata a Roma?

Deo gratias, sì

Sono 4 euro, registro la targa.

Non mi piace mettere in ansia gli amici, G.soprattutto. Così mi sono limitata a un rincuorante messaggio vocale:

La tua macchina è sana e salva, sotto casa mia. Dì a tuo fratello che può passare a prendersi le chiavi quando vuole.

Che non si dica che non sono una tipa affidabile.